PIPPI in ER

Pubblicato il 14-04-2016 da Luca Balducci - ( 2364 letture )

 

Paola Milani, Università di Padova: coordinatrice scientifica del programma nazionale P.i.p.p.i

 

Qual è l'elemento che più caratterizza il programma P.I.P.P.I.?

"Il fatto che il cittadino è soggetto attivo della prevenzione del disagio e che è necessario mettere al centro coloro con i quali va effettuato l'intervento. Il programma mira a migliorare l'appropriatezza degli interventi nelle situazioni di vulnerabilità delle famiglie. Spesso i bambini che vivono in situazioni di trascuratezza non vengono riconosciuti come tali, ed i servizi, la scuola, la rete sociale di riferimento è parte attiva nel mettere in campo interventi di tipo preventivo. Il problema della vulnerabilità sociale è affrontato in modo  multidisciplinare.  Il programma P.I.P.P.I. nel collegare i riferimenti teorici alla pratica operativa assume la valutazione con una valenza “trasformativa e partecipativa” in quanto coinvolge genitori e bambini nella progettazione degli interventi".

E che cosa emerge da questa prima valutazione dei dati?

"L'elemento più evidente è che le famiglie con  figli seguite dai servizi territoriali per ridurre il rischio di maltrattamento e il conseguente allontanamento dei bambini dal nucleo familiare, spesso presentano anche gravi problemi di natura economica e lavorativa. Possiamo dire che la crisi ha impattato pesantemente anche sul benessere dei bambini".

Cosa sarebbe successo a questi bambini se non ci fosse stato P.I.P.P.I.?

"Possiamo dire che cosa ha prodotto la sperimentazione di P.I.P.P.I.: in generale un calo dei fattori di rischio e un aumento dei fattori di protezione. Già nella 2^ fase di sperimentazione di P.I.P.P.I. abbiamo potuto registrare un calo dei fattori di rischio del 21%. Uno dei dati più evidenti riguarda l’alleggerimento degli interventi dopo la sperimentazione: certamente il numero dei minori allontanati dalle famiglie è risultato maggiore nella 1^ e nella 2^ sperimentazione nel gruppo di controllo (che comprende famiglie che non sono state inserite nel Programma). "

Ci sono anche bambini che vivono in comunità o altre strutture nel programma P.I.P.P.I.?

"Sono pochi, non più del 5%  all’interno di una prospettiva di riunificazione familiare. Questo anche perché P.I.P.P.I. opera nell’ottica di prevenzione dell’allontanamento e nel sostenere le famiglie per rispondere adeguatamente ai bisogni evolutivi del bambino.

 

Adriana Ciampa, dirigente della Direzione generale per l’inclusione e le politiche sociali del Ministero 

 
 
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Dottoressa Ciampa, qual è il ruolo del Ministero nel programma P.I.P.P.I.?

"Il Ministero è promotore, coordinatore e finanziatore del progetto. Continuerà a coordinarlo finché non sarà andato a regime".

Quanto è stato erogato per il Progetto?

"Per quest'anno sono stati erogati in totale 3,8 milioni per i 56 ambiti sul territorio nazionale. In pratica sono 50.000 euro per ciascun ambito. Per l'Emilia-Romagna, che ha quattro ambiti interessati dal progetto (Bologna, Modena, Reggio Emilia e Forlì) sono dunque 200.000 euro. L'assistenza tecnica viene invece finanziata a parte all'Università di Padova, che cura la formazione".

Qual è stato il ruolo dell'Emilia-Romagna in questa sperimentazione?

"L'Emilia-Romagna ha avuto un ruolo di leader nella sperimentazione regionale. Ci aspettiamo che continui a esserlo nella fase successiva per la messa a regime del programma P.I.P.P.I.".

                                                               

Fonte SocialeRER

 

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